INTERVENTO DEL DOTT. ALBERTO MORANDI, PUBBLICATO SU VARESENEWS, PER UNA PIU’ APPROFONDITA CONOSCENZA STORICA DELLA TRAGEDIA DELLE FOIBE


4 Febbraio 2023 Egregio Direttore, facendo seguito alla mia precedente lettera pubblicata il 07/02/2019 desidero esprimere una riflessione di carattere storico in occasione della giusta commemorazione del Giorno del ricordo, istituito nel 2004 per ricordare la tragedia degli italiani vittime delle foibe e dell’esodo forzato dalle terre istriane e della Venezia-Giulia tra il settembre 1943 e il febbraio 1947. Dalle affermazioni degli esponenti della destra sovranista sembra che il pacifico popolo italiano sia stato barbaramente aggredito dagli jugoslavi senza alcun motivo. LE RESPONSABILITA’ DEGLI ITALIANI DURANTE L’OCCUPAZIONE DELLA JUGOSLAVIA La tragedia però non si è svolta così e la verità storica deve essere ricordata per non lasciare spazio a false mistificazioni patriottiche di carattere ultranazionalista derivanti da un pericoloso rigurgito di estrema destra. Questa grave tragedia ha causato l’uccisione di circa 10.000 civili italiani e l’esodo forzato dalle loro terre di circa 300.000 persone, comunque si devono ricordare anche le cause dell’efferata vendetta degli jugoslavi contro la popolazione civile italiana dovuta agli innumerevoli efferati massacri ferocemente perpetrati tra il 1941 e il 1943 dai militari italiani, non solo fascisti, nei confronti della popolazione civile jugoslava. Per una vera pacificazione tra i popoli nella verità storica la ricorrenza del Giorno del ricordo dovrebbe commemorare sia la popolazione italiana vittima della spietata vendetta compiuta dagli jugoslavi sia la popolazione jugoslava vittima degli efferati massacri commessi dagli italiani. LE RAPPRESAGLIE DEGLI ITALIANI CONTRO LA POPOLAZIONE CIVILE JUGOSLAVA Gli Italiani dal 1941 al 1943 in Jugoslavia applicarono come i nazisti la regola della rappresaglia contro la popolazione civile, macchiandosi di gravissimi crimini; queste scomode verità emersero dalle indagini compiute tra il 1946 e il 1947 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Luigi Gasparotto, Ministro della difesa nel III Governo De Gasperi, e dalle ricerche eseguite dalla Commissione storica mista italo-slovena tra il 1993 e il 2001. Il generale Mario Roatta, comandante della II armata italiana in Jugoslavia, nella circolare del 1° dicembre 1942 aveva disposto di fucilare non soltanto chi veniva trovato con armi ma anche chi imbrattava le sue ordinanze e chi sostava nei pressi di opere d’arte, considerando corresponsabili degli atti di sabotaggio anche chi abitava nelle case vicine, individuando anche le responsabilità del generale Mario Robotti, comandante dell’XI corpo d’armata, che aveva inasprito gli ordini del generale Roatta affermando che «qui si ammazza troppo poco», e del governatore del Montenegro Alessandro Pirzio Biroli. A macchiarsi di efferati crimini non furono soltanto i fascisti ma anche normali militari; il prefetto del Carnaro Temistocle Testa per l’eccidio commesso nel villaggio di Podhum il 12 luglio 1942, dove furono fucilati 91 uomini e 200 famiglie furono deportate nei campi d’internamento, utilizzò reparti ordinari dell’esercito. Nel febbraio 1942 a Lubiana furono rastrellati 18.708 uomini e nel mese di marzo 1942 furono fucilati 102 ostaggi. L’11 aprile 1941 il Regno di Jugoslavia fu invaso dal Regio Esercito italiano; dall’aprile 1942 al gennaio 1943 nella sola Lubiana, oltre ai «regolarmente processati», furono uccisi senza processo 145 uomini. In 29 mesi di occupazione italiana nella Provincia di Lubiana vennero fucilati circa 5.000 civili, 200 furono bruciati vivi o massacrati, 900 partigiani furono fucilati e oltre 7.000 persone (su 33.000 deportati), in buona parte anziani, donne e bambini, morirono per stenti nei campi di concentramento, con 13.100 persone uccise su 339.751 abitanti.ª Nel luglio 1941 il Montenegro fu invaso dalla 18ª Divisione fanteria “Messina ”e dai Reali Carabinieri ma il 13 luglio la popolazione insorse sconfiggendo l’esercito Italiano. Come reazione il Comando Supremo del Regio esercito inviò sei divisioni sotto il comando del generale Alessandro Pirzio Biroli che compì durissime rappresaglie facendo fucilare oltre 200 ostaggi civili, ordinando che per rappresaglia 50 ostaggi sarebbero stati fucilati per ogni militare italiano ucciso e che 10 ostaggi sarebbero stati fucilati per ogni militare italiano ferito. Il 2 dicembre 1941 il Regio Esercito nel villaggio di Pljevlja fucilò 74 civili e nei villaggi di Babina Vlaka, Jabuka e Mihailovici uccise 120 persone, tra cui donne e bambini, e il 7 maggio 1942 a Cajnice fucilò 70 ostaggi civili. L’11 luglio 1942 il generale Mario Robotti scrisse, dopo il rastrellamento a Lubiana, che era stata eseguita la deportazione nei campi di concentramento di più di 5.000 uomini e che agli ufficiali italiani vennero impartiti ordini per la distruzione di interi villaggi con la deportazione e la fucilazione degli ostaggi civili. In due lettere riservate del 30 luglio e del 31 agosto 1942 a Emilio Grazioli il Commissario Civile del Distretto di Longanatico, Umberto Rosin, considerò che “Si procede ad arresti, ad incendi … fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere … La frase «gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi», che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi”. Dal luglio 1942 gli italiani procedettero alla deportazione della popolazione dei villaggi in campi di concentramento. Tra l’estate del 1942 e del 1943 furono attivi sette campi di concentramento sotto il controllo della II Armata; un documento del Ministero dell’Interno italiano dell’agosto 1942 indica 50.000 civili sloveni internati; la causa delle morti in tali campi era la fame, il freddo, gli stenti e le malattie. Nel 1942 gli italiani realizzarono sull’isola croata di Arbe un campo di concentramento per i civili sloveni (nella foto, ndr) in cui furono deportati anche ebrei croati; vi furono internati più di 10.000 civili, principalmente vecchi, donne e bambini. Secondo il Centro Simon Wiesenthal questo campo ricevette 15.000 prigionieri dei quali 4.000 morirono; soltanto nell’inverno del 1942-1943 morirono 1.500 persone a causa della fame, del freddo e delle epidemie. TALI CRIMINI NON GIUSTIFICANO LA GRAVE TRAGEDIA SUBITA DALLA POPOLAZIONE CIVILE ITALIANA IN ISTRIA, MA OCCORRE EVITARE STRUMENTALIZZAZIONI PER FINALITA’ ESTRANEE ALLA VERITA’ STORICA Tali crimini non giustificano in alcun modo la grave tragedia subita dalla popolazione civile italiana in Istria e nella Venezia Giulia ma anche gli efferati crimini commessi dagli italiani contro la popolazione civile jugoslava devono essere ricordati per una vera pacificazione tra i popoli nella verità storica. Questa è stata una immane tragedia di cui la destra sovranista, per ipocrisia, ricorda solo l’ultimo atto! Dalla retorica nazionalista degli esponenti della destra sovranista sembra quasi che il Giorno del ricordo sia stato istituito in contrapposizione al Giorno della memoria, istituito nel 2000 per ricordare le vittime della Shoah e delle persecuzioni razziali naziste, in Italia perpetrate dai fascisti con le leggi razziali e con l’aiuto ai nazisti nei rastrellamenti e nelle deportazioni degli ebrei nei campi di sterminio, quasi a sostenere che durante la Guerra tutti hanno commesso le stesse atrocità e che quindi erano tutti uguali. Non è così! I nazifascisti combattevano per opprimere mentre i popoli da loro invasi combattevano per la propria libertà e per la propria vita! Le vittime civili innocenti sono certamente tutte uguali e meritano tutte lo stesso rispetto umano tuttavia nessun eccidio, per quanto drammatico, può essere storicamente e umanamente paragonato all’immenso genocidio di oltre sei milioni di vittime perpetrato in tutta Europa dai nazisti con l’aiuto dei fascisti, tragica e scomoda verità che la destra sovranista vuole dimenticare. Colgo l’occasione per porgere i miei più cordiali saluti. Alberto Morandi Laveno Mombello

by oliba