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Commemorazione Eccidio della Gera 2016

Discorso dell'oratrice ufficiale - Francesca Boldrini

Luino 2 ottobre 2016

COMMEMORAZIONE DELL’ECCIDIO DELLA GERA

Settantadue anni fa, 7 ottobre 1944, l’eccidio della Gera. Dodici ragazzi caddero sotto i colpi di un comando fascista: quattro alla Gera, cinque al cimitero di Brissago e tre a Varese davanti all’Ippodromo.

Permettetemi di ricordare i loro nomi:

- Giacomo Albertoli - Giampiero Albertoli - Alfredo Carignani - Elvio Copelli - Flavio Fornara - Luigi Ghiringhelli - Dante Girani - Sergio Lozio - Luigi Perazzoli - Pietro Stalivieri - Carlo Tappella - Evaristo Trentini.

Erano giovani consapevoli che la loro scelta li avrebbe portato anche a questa drammatica conclusione.

Andarono incontro alla morte sfidandola, perché se essa li eliminava fisicamente, li consacrava alla storia, al ricordo dei viventi, alla penna degli storici che avrebbero impresso sulla carta le loro vite, le loro imprese, il loro esempio.

Ebbene quando penso a loro -e questo mi succede anche con i partigiani del San Martino- non li vedo come Caduti, ma come ragazzi pieni di vita, di ideali, di impeto giovanile, di voglia di costruire, di innovare, che ci incitano ad agire, a essere positivi e propositivi; a non perderci d’animo se siamo in pochi a camminare sul sentiero accidentato e sempre in salita della vita privata e sociale.

Pochi, ma di spessore: - uomini e donne di buona volontà che aiutano a dar voce a chi non ce l’ha; - volontari col cuore aperto alle esigenze degli altri, che tutto danno senza nulla chiedere; - amministratori coscienziosi e onesti con spiccato senso del dovere verso le istituzioni; - insegnanti di valore che aiutano i propri studenti a crescere dal punto di vista umano, sociale e culturale; - studenti capaci di intendimenti e di giudizi personali; - forze dell’ordine che, a rischio della propria incolumità, ci garantiscono aiuto e sicurezza; - medici del corpo e dell’anima missionari nella società.

Questo è il vero popolo italiano, il resto è massa che sta a guardare, che si lamenta, che critica, che distrugge senza mai provare a costruire.

La speranza è che la forza positiva del “popolo” riesca in qualche modo a trasmettere tutta la sua energia almeno a qualcuno di loro.

Ho trovato in un discorso del presidente Giorgio Napolitano la ricetta che può esserci da guida del nostro agire quotidiano: - non farsi condizionare da chiusure, arroccamenti, faziosità, obiettivi di potere, personalismi; - portare nell’impegno politico motivazioni spirituali, morali, sociali, il senso del bene comune, l’attaccamento ai principi e valori della Costituzione e alle istituzioni repubblicane; - aprirsi all’incontro con interlocutori di altre e diverse radici culturali.

Siamo italiani, ma non dimentichiamo di far parte di un mondo globale, oggi quanto mai complesso, ma soprattutto fomentato da forti tensioni e da populismi che innescano focolai di guerra: guerre religiose, guerre sociali, guerre generazionali.

Per questo forse dovremmo esercitarci nel praticare pensieri di pace, di tolleranza, di apertura anche verso chi e verso ciò che poco conosciamo; - e poi ancora portare spirito di certezze e di positività.

Io aggiungerei anche imparare a vedere e a gustare la natura come fonte di bellezza, di risorse e di potenzialità.

Sono convinta, e anche molto ottimista, che, così facendo, renderemo onore ai nostri Caduti e contribuiremo a far emergere il lato migliore della nostra Italia per sentirci sempre più fieri e orgogliosi di essere italiani.