ORAZIONE PER I MARTIRI DELLA GERA DOMENICA 24 SETTEMBRE 2023

Carissime e carissimi,
Oggi siamo qui presenti per fare memoria, ancora una volta insieme, di quanto accaduto quasi 80 anni fa e per fare in modo che anche chi non c’era, come me, in quel momento della storia, possa immedesimarsi nei luoghi, nei fatti e nelle persone che hanno vissuto, o meglio subìto, quello che stiamo oggi ricordando.
Proprio in occasioni come queste siamo invitati, giustamente, a riflettere sulle differenze che caratterizzano i concetti di „storia“ e di „memoria“.
• Lo storico, infatti, si sforza di ricostruire il passato in modo critico ed oggettivo, nel desiderio di approssimarsi il più possibile alla verità.
• La memoria, d’altro canto, appartiene alla sfera privata, vive di ricordi personali e famigliari, sollecita e comporta un convolgimento emotivo.
Da Storico, ma ancor più da Dirigente di una istituzione scolastica ed educativa, il mio desiderio profondo, in un’occasione preziosa come questa è, perciò, che la commemorazione di oggi possa diventare fonte di una memoria condivisa, perché solleciti l’impegno e funga da stimolo per la nostra generazione di adulti e per i giovani che ci sono affidati.
Giacomo Albertoli, Alfredo Carignani, Pietro Stalivieri e Carlo Tappella trucidati alla Gera; Giampiero Albertoli, Dante Girani, Flavio Fornara, Luigi Perazzoli e Sergio Lozio uccisi a Brissago Valtravaglia; Elvio Copelli, Luigi Ghiringhelli ed Evaristo Trentini massacrati alle Bettole di Varese; e la Famiglia Garibaldi, testimone dei tragici eventi di quel 7 ottobre 1944... Ricordare i loro nomi oggi significa mantenere accesa una luce. La stessa luce che due grandissimi scrittori e poeti italiani hanno voluto inserire come immagine in due significativi testi.
Il primo di loro, Ungaretti, scrive nel suo „Per i morti della Resistenza“
Qui
Vivono per sempre
Gli occhi che furono chiusi alla luce
Perché tutti
Li avessero aperti
Per sempre
Alla luce
Sembra fargli eco Pasolini che in „La Resistenza e la sua luce“ dice: Venne il giorno della morte e della libertà, il mondo martoriato si riconobbe nuovo nella luce......
Quella luce era speranza di giustizia
[…]
La speranza ebbe nuova luce
Aprire gli occhi alla luce significa, fuor di metafora, riassaporare la libertà, riappropriarsi dei valori della democrazia. E questa è stata la strada che ha guidato i nostri padri costituenti nel prezioso cammino di ricostruzione successivo al secondo conflitto mondiale.
Tali valori, tuttavia, non sono dati una volta per tutte, ma devono essere difesi e costruiti con un lavoro costante e quotidiano.
Il nostro presidente Sergio Mattarella, in un’intervista rilasciata ad Ezio Mauro nel 2015 a tal proposito ha affermato:
„L'abitudine alla libertà e alla democrazia, talvolta, rischia di inaridire il modo di guardare alle istituzioni democratiche, pur con tutti i difetti che se ne possono evidenziare, rifiutando di impegnarvisi o anche soltanto di seguirne seriamente la vita.
Questo mi fa ricordare la lettera di un giovanissimo condannato a morte della Resistenza che, la sera prima di essere ucciso, scriveva ai genitori che il dramma di quei giorni avveniva perché la loro generazione non aveva più voluto saperne della politica.
[...] mai si può abbassare la guardia sulla difesa strenua dei diritti dell'uomo e del sistema democratico“
Sulla scorta di queste profonde riflessioni del Nostro Presidente, vale la pena soffermarsi sul fatto che uno dei maggiori rischi per le società democratiche è rappresentato dalla disaffezione dei giovani per la politica; politica intesa nella sua accezione più elevata, come interesse per la cosa pubblica.
L’individualismo, il qualunquismo, la mancanza di senso critico, l’indifferenza mettono a rischio i principi fondanti di una società giusta e libera.
Ma questi disvalori non erano certamente nei cuori e nelle menti di quei 12 giovani che 79 anni orsono scelsero di rischiare la loro vita in questi luoghi, animati dal desiderio di un mondo più giusto e più libero.
Nei miei studi dell’Antichità Classica ho avuto modo di constatare come presso i Greci il Bene della polis fosse sempre anteposto agli interessi del singolo cittadino. Solone, grande legislatore di Atene nel sesto Secolo a.C., aveva addirittura stabilito un’apposita legge per punire con l’atimìa (cioè la privazione dei diritti civili) chi non si fosse impegnato in politica.
E sappiamo che il fine della filosofia, per un grande autore come Platone, era proprio la politica.
I Greci sapevano, dunque, molto bene che l’educazione non può essere separata dall’aspirazione al bene comune.
La cultura non è, d’altro canto, fine a se stessa, ma è tale solo se migliora le persone e la società; e la scuola, nel suo sforzo educativo e culturale, rappresenta una fondamentale palestra di valori democratici e di convivenza.
Nella scuola, infatti, attraverso le discipline, attraverso il confronto quotidiano tra docenti e discenti, attraverso la convivenza pacifica e rispettosa di persone differenti per età, cultura ed esperienza si costruisce giorno per giorno la società di oggi e di domani.
Le studentesse e gli studenti hanno modo, nelle loro aule, di formarsi, di crescere, di riflettere, di fare memoria del passato con le sue luci e con le sue ombre e di iniziare, appunto, a fare esperienza dei valori costituzionali, resi possibili e trasmessi a noi da tanti che hanno sacrificato coraggiosamente la propria vita.
Il nostro presidente della Repubblica emerito, Giorgio Napolitano, al quale rivolgiamo un pensiero affettuso a pochi giorni dalla scomparsa, ha giustamente avuto modo di affermare -in occasione del 25 aprile di qualche anno fa-:
„Il messaggio, l’eredità spirituale e morale della Resistenza vive nella Costituzione.
Naturalmente, la Costituzione poteva solo offrire la trama della nuova Italia sperata e invocata a mano a mano che progrediva la guerra di Liberazione, e all’indomani della sua conclusione.
Non ne nascevano già definiti nella loro concretezza la società e lo Stato corrispondenti al dettato costituzionale.
Dare attuazione a quei principi ha richiesto e richiede un impegno civile, culturale e politico, che non si dà una volta per tutte, che va sempre rinnovato e fatto rivivere, con l’apporto essenziale delle nuove generazioni.“
E ancora uno dei Padri Costituenti, Pietro Calamandrei, in un famoso discorso del 1955 invita i giovani a rileggere ed approfondire la conoscenza della Costituzione proprio alla luce della memoria di tanti caduti per la libertà.
In un passaggio particolarmente evocativo affermava:
„Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione"
Lì, carissimi, dobbiamo portare i nostri ragazzi, lì dobbiamo condurre i giovani che ci sono affidati da tante famiglie, perché questo significa tenere accesa quella luce nata dal buio delle morti che oggi insieme ricordiamo.
Grazie.
Arioli

by Anpi Luino