A ROSETTA GARIBALDI MERINI LA MEDAGLIA DELLA LIBERAZIONE DEL MINISTERO DELLA DIFESA

La cerimonia a Villa Fonteviva dove è ospite

 

"Nella mattinata di Venerdì, 30 giugno, presso Villa Fonteviva di Luino, è stata consegnata a Rosetta Garibaldi Merini la medaglia della Liberazione concessa dal Ministero della Difesa ai protagonisti di una delle stagioni più drammatiche della nostra storia recente. Erano presenti la presidente provinciale A.N.P.I. Ester De Tomasi, parenti, amici ed estimatori. Rosetta Garibaldi, a soli 17 anni, insieme con la madre Maria Baggiolini in quel tragico 7 ottobre 1944, dopo l’eccidio dei partigiani della Gera, fu tradotta nel carcere dei Miogni a Varese, con l’accusa di collaborazionismo con i membri della Banda Lazzarini. La famiglia Garibaldi, infatti, aveva concesso ospitalità ai giovani patrioti nella stalla attigua all’abitazione in località Baggiolina e si era sempre adoperata per aiutare Ebrei e dissidenti in fuga verso la salvezza nella vicina Confederazione Elvetica. Il tradimento era stato consumato da un certo Aldo Chiosi che, catturato il giorno precedente e torchiato a dovere dai nazifascisti, aveva vuotato il sacco. A Villa Dansi a Varese le due donne vennero sottoposte ad un incalzante interrogatorio: per 45 giorni rimarranno in carcere, con una spada di Damocle sospesa sopra il loro capo: fucilazione o deportazione in Germania. Il cappellano di Biumo, che prestava la sua opera presso il carcere, per tre giorni consecutivi venne chiamato perché per le due detenute si prospettava un’imminente fucilazione. Poi l’intervento di un gesuita dell’Istituto Leone XIII di Milano, presso il quale insegnava il figlio Mario, riesce a scongiurare la temuta condanna. Maria e Rosetta ritornano a Voldomino, ma trovano la loro casa priva di mobili, trasportati precedentemente in piazza a Voldomino e abbandonati sotto la pioggia battente. Nei giorni seguenti, in una gara di generosità, i voldominesi si stringono attorno a loro per sostenerle in quel difficile frangente. Nel frattempo il padre Duilio Garibaldi era riuscito, dopo alterne vicende, a rifugiarsi in Svizzera. Un forzato esilio appesantito da una serie di malanni sfociati in una broncopolmonite dalla quale riesce faticosamente a risollevarsi. Maria e Rosetta sembrano essersi risvegliate da un pauroso incubo notturno. Non vogliono credere che i dodici giovani a cui avevano dato ospitalità in quell’uggioso autunno siano stati sterminati dalla furia omicida dei nazifascisti. Anche don Folli, prigioniero nel carcere di San Vittore a Milano ed in seguito confinato a Cesano Boscone e a Vittuone non potrà lenire il loro dolore. Lo farà solo a guerra finita quando realizzerà la costruzione del tempio votivo della Gera a ricordo dei giovani martiri, morti per la riconquista della libertà perduta. A distanza di più di 70 anni da quel macabro eccidio, il Ministero della Difesa ha voluto tributare a Rosetta, una donna intrepida che sfidò la tracotanza dei nazifascisti, un segno tangibile dell’imperitura riconoscenza della collettività. Una determinazione quella di Rosetta alimentata da grandi idealità, da sentimenti di altruismo e di umana solidarietà instillati da don Folli, eroico sacerdote al servizio dei più deboli.

Emilio Rossi