Anche a Luino il 25 luglio 1943 è stato festeggiato come la fine della guerra e la caduta del fascismo. Manifestazioni antifasciste ovunque. A Voldomino, venne bruciato in un falò un grande ritratto del duce. A Creva vennero distrutte tutte le insegne fasciste del Circolo Felice Cavallotti. A Germignaga centinaia di persone conclusero una pubblica manifestazione assaltando e distruggendo la sede del Fascio. Subito alcuni fascisti luinesi, coinvolti col regime, sparirono dalla circolazione o si rifugiarono in Svizzera, qualcuno fu arrestato come l’industriale Ferrante Sanvito, fascista della prima ora, e la maestra Maria Giulia Badi che, finita la guerra, grazie all’amnistia, divenne preside della scuola media di Luino. A Varese, presso il tribunale, il luinese Piero Chiara, non ancora famoso scrittore, chiudeva per scherno il ritratto di Mussolini nella gabbia degli imputati. La firma della pace con gli Alleati l’8 settembre in Sicilia, seguita dall’immediata occupazione dei Tedeschi del Nord Italia, crearono un’enorme confusione fra i nostri soldati anche nel nostro territorio. Molti iniziarono ad abbandonare le caserme e con abiti civili cercavano di raggiungere casa. Quando fu obbligatorio consegnarsi alle caserme fasciste della neonata Repubblica di Salò e continuare la guerra con i Tedeschi, furono a centinaia i militari luinesi (soldati, poliziotti, carabinieri, finanzieri) che rifiutarono l’ordine. A centinaia si rifugiarono nella vicina Svizzera. Molti luinesi che si trovavano sui diversi fronti di guerra scelsero di opporsi ai Tedeschi e di andare in montagna con i Partigiani. Da segnalare tra i militari luinesi che si opposero ai Tedeschi, Livio Dellea e Ferdinando Zaccheo, allora nei Balcani, Pietro Annoni in Liguria, Francesco Marelli con suo fratello nel Piacentino e il voldominese Carlo Saccani, detto Nino, alpino combattente sul Don e poi comandante partigiano nei pressi di Parma sino alla fine della guerra, dove si distinse nel salvare un luinese ferito, appena arrestato dai tedeschi, e ricoverato in un ospedale. Molti trovarono la morte nella lotta partigiana come Nevio Berzi (1927), Bruno Balzarini, (1901) fucilato a Carpi, Fedele Cerini (1924) e Guglielmo Gobbi (1911) fucilati a Milano, Celso Galetti (1926), morto combattendo sul S. Martino, Gregorio Pietraperzia (1925), fucilato a Cuneo. Aurelio Moro (1905) e Angelo Staboli (1904) morirono nei lager nazisti. Infine ricordiamo il tenente Armando Chirola, barbaramente fucilato nel settembre dello stesso anno dai tedeschi nel massacro dei quasi 10.000 militari italiani della divisione Acqui, nell’isola di Cefalonia.
Durante la guerra (in verità anche durante il Ventennio fascista) il Luinese fu terra di passaggio per abbandonare l’Italia e raggiungere la libera Svizzera. Furono a migliaia gli antifascisti, (partigiani, ex prigionieri alleati, disertori fascisti, intere famiglie di religione ebraica e, in tre occasioni, più di quaranta ragazzini ebrei proveniente dalla villa Emma di Nonantola (Modena) che, aiutati da passatori, attraversarono clandestinamente il confine svizzero a Maccagno, a Dumenza, a Cremenaga, a Ponte Tresa. Tra coloro che nel Luinese si distinsero in quest’opera pericolosa ricordiamo: il parroco di Voldomino don Piero Folli, la famiglia Baggiolini-Garibaldi, l’organizzazione cattolica “OSCAR”; Pio Alessandrini, poi deputato DC; l’ing. Giuseppe Bacciagaluppi (in collegamento con il noto giornalista Idro Montanelli) del partito d’Azione, l’impiegato comunale cattolico-liberale Luigi Rossanigo, il fabbro comunista Secondo Sassi, poi sindaco di Germignaga, Carletto Schgaguler di Luino, Angelo Provini di Cremenaga e i “passatori” voldominesi tra cui Zefferino Mongodi, Ludovico Berzi. Per quest’attività clandestina molti subirono l’arresto e la deportazione nel carcere milanese di San Vittore tra cui Don Folli e Sassi. (Una curiosità: nel carcere milanese gli antifascisti luinesi ebbero come compagno di prigionia il noto presentatore televisivo Mike Bongiorno, allora soldato americano). Nel febbraio del ’44 anche Piero Chiara attraversava la Tresa per rifugiarsi in Svizzera, inseguito da un mandato di cattura fascista. Purtroppo anche in questo settore ci furono casi di delazione, di tradimento e di sciacallaggio. A Luino, a Germignaga, a Cremenaga, falsi antifascisti denunciarono ai tedeschi diversi ebrei, ricevendo un compenso in denaro, mentre squallidi “passatori”, dopo aver pattuito e ricevuto i soldi per portare in salvo in Svizzera intere famiglie di ebrei, le derubarono delle loro valigie e le consegnarono ai nazisti ricevendone, pure loro, un compenso in denaro
Durante la Resistenza anche nella nostra zona si formarono gruppi di antifascisti poi uniti nel CLN. Presenti i cattolici, guidati da Luigi Rossanigo, Pio Alessandrini e don Piero Folli organizzati nell’associazione “OSCAR” del varesino don Natale Motta ed in altre organizzazioni clandestine impegnate nell’aiuto dei ricercati dal regime (antifascisti, ebrei, ex prigionieri). I comunisti, sin dall’inizio del Ventennio, organizzati in clandestinità, erano molto attivi nelle fabbriche e presenti in particolare a Creva e a Voldomino. A guidarli, nel ‘43, v’erano Aldo Chiosi, Ercole Personeni, Oreste Ferrari, Martino Vanoli, Giovanni Dozzio, Pietro Alfieri e Giovanni Badi. Attivi fra i socialisti, Felice Fo, padre di Dario ed il giovane Attilio Spozio, futuro senatore della Repubblica italiana. Per il partito d’Azione si segnalano l’ing. Giuseppe Bacciagaluppi, Antonio Bricchi e la famiglia Albertoli (Santo, Giacomo, Gianpiero) presenti in particolare a Castelveccana. Vere e proprie formazioni partigiane organizzate e presenti nella zona, e riconosciute tali dal CNL, si costituirono solo nel 1944. Ed erano la «121ª Brigata Garibaldi», di fede comunista, composta da circa 20 partigiani armati e “la Formazione “apolitica” Lazzarini”. La Formazione Lazzarini, nacque subito dopo l’8 settembre ’43, ma divenne protagonista solo dall’estate del 1944. Era composta da una trentina di elementi, per lo più soldati sbandati, renitenti alla leva, antifascisti locali. A comandarla v’era, come già scritto, il «capitano» Giacinto Domenico Lazzarini (1912) di Mesenzana, ma dimorante a Milano. La «banda» Lazzarini, fin dalla sua fondazione prese contatti con le organizzazione clandestine cattoliche e dipendeva dal CLN di Milano. Solo nella fine dell’estate del ’44 intraprese contatti con il CLN di Varese. La formazione, nell’estate del 1944 fu responsabile nel nostro territorio di alcune azioni partigiane, alcune drammatiche, ma la notte del 7 ottobre, in seguito ad indagini fasciste e a gravi delazioni, venne quasi al completo sorpresa nel sonno alla Gera di Voldomino da un centinaio di nazi-fascisti, provenienti da Varese. Dodici partigiani furono barbaramente trucidati. Gli altri, comprese Maria Badi (1896) e sua figlia Rosetta Garibaldi (1927), proprietarie della cascina voldominese, furono trasportati nel carcere di Varese. città dove, nella triste villa Dansi, si trovava prigioniero dal 4 ottobre un componente della “banda”, Claudio Torri (1923) di Germignaga, fermato giorni prima. Risultano componenti della “Lazzarini” anche i partigiani Pietro Pagliolico, fucilato l’8 marzo 1944 a Cugliate Fabiasco, Alfredo Aime di Germignaga, ucciso il 17 settembre 1944, in Piazza Piave a Voldomino, durante un conflitto a fuoco coi fascisti e Franco Buffoni, morto in un incidente a Mesenzana il 25 settembre del’44. Il Lazzarini ed alcuni componenti della Formazione miracolosamente sfuggirono all’arresto e si rifugiarono nei giorni seguenti in Svizzera. Protagonista e testimone ancora vivente di questi tragici fatti è Rosetta Garibaldi Merini.
Preceduta da forti scioperi operai a Luino e nei dintorni, la Liberazione arrivò anche da noi il 25 aprile 1945. Le formazioni partigiane occuparono la città senza colpo ferire. Dopo rapide trattative, il presidio tedesco abbandonava Luino per la Svizzera, mentre di nuovo i fascisti si davano alla fuga. I partigiani occuparono tutte le istituzioni civili e si piazzarono anche nei pressi della diga di Creva, perché minacciata di attentati. Infatti, nella notte, contro il presidio dei partigiani fu lanciata una bomba a mano, senza provocare vittime. Il 30 aprile il capitano Lazzarini, che aveva continuato a combattere per gli americani in Francia e nel febbraio ’45 fu paracadutato al Pian dei Resinelli nel Lecchese, insieme alle truppe americane, ritornava a Luino. In piazza Risorgimento il «capitano» faceva uccidere il presunto «traditore» Antonino Rosato (1921), ritenendolo responsabile della mancata sorveglianza alla cascina della Gera. Vennero in seguito, su ordine del locale CLN, arrestate e fucilate decine di fascisti.
a cura di Giovanni Petrotta